L’essere umano è un insieme di storia, e noi Donne, in modo particolare, rappresentiamo azioni, consapevolezza, misteri, rituali, passione, conoscenza e magia. Prima del Calendario Gregoriano, il tempo era vissuto come una ruota eterna, in cui il passato custodiva il presente ed il futuro era già avvenuto. Quando ebbe inizio l’umanità, le persone si sedevano in cerchio, simbolo dello spirito e dell’assenza di gerarchia; il loro cuore era rivolto al centro, e le spalle fiduciose verso l’esterno.
In questo scenario noi Donne vivevamo il nostro essere vive come un tutt’uno con le forze che governavano il mondo: il nostro sguardo non si abbassava, poiché era fiero della stirpe di Antenati che ci sostenevano. Il nostro ciclo mestruale era consapevolmente connesso alla luna e alle sue fasi, e da esso apprendevamo l’arte del lasciare andare senza trattenere, l’arte del riposo per riprendere forza e quindi, per rigenerarsi. I nostri organi erano gli Dei stessi, e come tali ce ne prendevamo amorevolmente cura.
Antichi saperi: quando le donne era un tutt’uno con l’universo
Noi donne, nei tempi antichi, riconoscevamo nei nostri stessi organi la ferocia e la beatitudine, e li abbracciavamo entrambi, consapevoli che in natura tutto è bellezza. Consapevoli che persino la rabbia, se riconosciuta, diventa un segnale per la guarigione, utilizzavamo le mani per curare; con il cuore ascoltavamo, con il sangue ci rigeneravamo e, in alcuni considerevoli casi, davamo la vita. L’odore del focolare, delle erbe tritate, del cibo, dei rituali, delle stagioni, in quei luoghi lontani li chiamavamo Medicina.
Riconoscevamo nella natura la sua spietata bellezza. Vivevamo ciò che oggi è chiamata “meno-pausa”, il momento culmine di riposo, con insegnamento e saggezza, e lo facevamo davanti agli occhi pieni di stupore di quegli uomini increduli di tanta energia. Con gli uomini lavoravamo assieme, affinché tutto fosse in equilibrio.
Giudizi e pregiudizi: dalla saggezza alla vergogna
Vivevamo a pieno ritmo con l’universo e con la natura, fin quando non ci venne fatto credere che dovevamo vergognarci di ciò che eravamo.Gli Dei vennero messi in gabbia, spazzati via dai giudizi e pregiudizi mentali. Iniziarono a chiamarci Streghe.
Quell’equilibrio che avveniva in cerchio, in connessione con il tutto, divenne un insieme di tabù: dal senso di colpa all’effimero, dalla debolezza ad un infinità di errori di valutazione. Oggi ritrovarci con il nostro stato primordiale è un lavoro troppo arduo, troppo difficile per essere compiuto nel poco tempo che ci è stato messo a disposizione per vivere! Il corpo ha perso il suo Tempio che, seppur resistendo, è spesso mal curato, rinnegato, martoriato, disprezzato, allontanato dal vero senso di bellezza.
Il nostro corpo è sacro e prezioso per il solo fatto di esserci, indipendentemente dai canoni estetici. Ogni segnale viene addormentato, ad ogni dolore estirpata la radice, il ciclo mestruale nascosto, come se fosse un fastidio. Ogni emozione diventa disturbo, e il rituale resta un ricordo che seppur si crede tale, risuona e ci richiama costantemente! Ecco che torniamo a ricordarci di quel legame col mistero, con la Terra, con il cerchio, con gli Dei, che non sono altro che tutte quelle meravigliose e spaventose caratteristiche di cui è fatta la vita stessa.
Ecco che ci riscopriamo Streghe.