Quanto il modo in cui nostra madre é stata con noi si riflette nella modalità in cui noi stesse ci relazioniamo ai nostri figli?
Questo interrogativo mi viene riportato di frequente dalle mamme che seguo nei miei colloqui.
Già durante la gravidanza la donna, nella costruzione del suo nuovo ruolo genitoriale, inizia a ripensare al suo rapporto con la figura di riferimento, generalmente la madre.
Pensa a com’è stata con lei, e fantastica immaginandosi a sua volta madre, anche in virtù di questo rapporto passato, ma ancora presente seppur evoluto.
Lei infatti è e sarà sempre figlia, ma da quel momento in poi sarà lei stessa madre di un nuovo individuo.
Due piani diversi, intersecati l’un l’altro. Ricordi d’infanzia, episodi significativi soprattutto emotivamente, momenti di vita vissuti insieme ai propri genitori riaffiorano. Si pensa a come si era da figlie e come invece si sarà ora che le posizioni sono diverse.

Anche una volta che il bambino è nato, capita spesso che la donna si chieda quanto porti con sé del rapporto con la propria madre nella nuova relazione con il nuovo nato.
Il paragone con nostra madre: esperienze a confronto
Il paragone con la propria figura di riferimento risuona senza sosta nella testa delle mamme.
Se il confronto è con un’esperienza che è stata positiva, con una madre super, impeccabile, sempre attenta, che non le ha mai fatto mancare nulla, questo in realtà può far temere alla neo mamma di non essere all’altezza.
La paura di uno standard troppo elevato e perfetto con cui inevitabilmente avere a che fare, può farla sentire
già sconfitta in partenza, confrontandosi con un modello irraggiungibile che le ricorda dentro di sè ogni giorno: “Non sarò mai come lei, io non ce la posso fare”.
Un rapporto disfunzionale con la propria figura di riferimento invece può far temere che alcuni comportamenti subiti ci portino ad essere altrettanto sbagliati nei confronti di nostro figlio. “Mia madre era una donna collerica, alzava sempre la voce e non mi rispettava. Io ho paura di poter essere così con mio figlio quando mi fa arrabbiare e alzo la voce. Ho paura di essere come lei”.
In questo caso i ragionamenti da fare sono diversi:
Da un lato c’è la convinzione che se io ho ricevuto un determinato esempio, io non sarò capace di essere altro
da ciò che ho visto, proprio perché è l’unico modello che ho avuto. “Se io stessa non ho avuto punti di riferimento certi, stabili su cui contare, come potrò io esserlo per il mio bambino?”.
Dall’altro tutto questo sottintende la credenza che ci sia una linearità tra come sono stati i genitori con noi e come saremo noi come genitori, una trasmissione diretta e già definita, che non dà spazio all’influenza di altre variabili,
un destino scritto e immutabile.
Le esperienze con i nostri genitori creano dei veri e propri modelli
Sicuramente le nostre interazioni con il caregiver, ripetute nel tempo, le nostre prime esperienze affettive, hanno creato dei modelli veri e propri di relazione che guidano i nostri rapporti successivi che da bambini ci accompagnano fin da adulti.
Questi modelli interni lavorano a livello inconscio e ci guidano nella vita, come una mappa che indirizza il nostro comportamento e che genera aspettative su di esso.
Il rapporto che abbiamo avuto con le nostre figure di attaccamento in infanzia influenzerà quindi il modo in cui da adulti vedremo noi stessi e le nostre relazioni.
C’è una certa stabilità in queste rappresentazioni mentali che anche a livello implicito ci condizionano.
Se hai vissuto un rapporto sbagliato con i tuoi genitori, puoi scegliere di non ripeterlo con i tuoi figli!
Già! Noi siano essere modificabili, e possiamo discostarci da certi vissuti, anche se ben radicati in noi.
Questo è il lavoro che viene svolto, se vi è necessità, con l’aiuto di un professionista.
Il primo passo è sicuramente quello di acquisire consapevolezza di ciò che è stato e che compare come un fantasma nella nostra vita attuale.
Bisogna poi tener conto di tutte quelle relazioni con altre figure significative che possono modificare questi schemi; anche solo il legame con lo psicologo può fornire nuove informazioni atte a generare cambiamenti in quei modelli.
Il tuo ruolo materno si determina giorno per giorno
Tenendo conto dell’impatto imprescindibile del nostro passato sul presente, dobbiamo riflettere anche sul fatto che sono molti i fattori che intervengono nel corso della vita, che plasmano e modificano il nostro modo di essere genitori, in questo caso mamme.
Eventi positivi o negativi, esperienze, relazioni d’amore, persone importanti che possono tirare fuori aspetti diversi di noi.
Il rapporto con il padre del bambino, l’incrocio con il suo mondo, il suo essere, e anche la relazione con quello specifico bambino, con le sue caratteristiche, particolarità. Nulla è scontato, molte sono le carte in gioco, tutto si determina e crea giorno per giorno, nella nuova relazione con quello specifico e unico bambino.
Quello che suggerisco alle mie pazienti poco a poco, è di cercare di non vedere l’esempio della propria madre perfetta come uno modello irraggiungibile che abbatte e scoraggia, ma come uno stimolo positivo che dia la carica. Come un esempio di forza che ti ha permesso di essere ora quella che sei.
Allo stesso modo, l’esempio negativo non deve essere una croce ma una spinta a recuperare e a trovare riscatto.
Per donne che hanno avuto rapporti conflittuali con la propria madre, è importante trasformare il loro risentimento, la loro rabbia e il loro sentirsi sconfitte in partenza in un’occasione di rivincita, una seconda possibilità
in cui poter essere per il proprio bambino quello che la loro madre non è stata con loro, cercando di dargli tutto quello che non hanno ricevuto, soprattutto in termini di emozioni, amore.
Tutto questo aiutandole a credere nelle loro capacità di essere madri, rinforzando e sostenendo le loro competenze e le loro risorse che ci sono, nonostante tutte le difficoltà.
Liberati dai fantasmi del passato e vivi il “qui e ora”: sei tu la madre adesso!

Tutta questa riflessione riguarda sicuramente l’aspetto emotivo e affettivo, ma anche per quanto riguarda lo stile educativo, l’aspetto più concreto e pratico possiamo dire che si ha la tendenza ad “educare per come siamo stati educati”, ad applicare ai nostri figli il sistema di valori con i quali siamo stati cresciuti, ma teniamo sempre presente che i tempi cambiano.
Quello che una volta poteva funzionare, ora si inserisce in una realtà diversa, con stimoli diversi, protagonisti che non sono gli stessi. La variabili in gioco sono altre, inserite in un contesto che è variato inevitabilmente.
Anche in questo caso il lavoro che si può fare con l’aiuto di un professionista è quello di svincolarsi da quelle che sono le imposizioni implicite del passato che ci fanno del male e ci limitano, prendendo consapevolezza di quello
che può andar bene nel qui e ora per noi e per il nostro rapporto con il bambino, cercando di trarne quello che di positivo si può cogliere, di utile, che sentiamo affine al nostro modo di essere.
L’invito che rivolgo sempre alle mamme è proprio quello di non snaturarsi, di perseguire principi imposti in maniera più o meno diretta, di non privarsi del loro modo unico e speciale di essere madri del loro bambino perché va valorizzato e liberato da tutti quelli che sono i fantasmi negativi del passato.
Un passo importante del lavoro insieme, è proprio quello di restituire fiducia nella propria capacità di essere madri, rafforzando le risorse, trasmettendo la forza di credere nella propria persona e nel proprio unico e meraviglioso istinto materno.
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