Sola

Non mi sento capita: nel bel mezzo della solitudine

Autrice: Fanny Bellio
Articolo

Novembre 4, 2021

Capita a volte di non venire capita: che strano questo termine, ambiguo e ambivalente, un po’ come le emozioni, ambigue ed ambivalenti. 

Raro che si facciano capire chiaramente.

Nella vita capita di venire ferite e ferire, di essere deluse e di deludere.

Succede di essere lasciati sole, così come succede di abbandonare qualcuno o qualcosa.

Nella vita capita di non venire capite o di non capire anche chi per noi è importante.

Sono momenti fisiologici, normali, CAPITA!

Non siamo più cattive, più antipatiche, più sfortunate; il mondo non ce l’ha con noi, che lui gira, con o senza di noi.

E allora cosa lo scrivi a fare? Non ti sembra di accrescere la nostra frustrazione a dirci così? Ci dici che le persone non ci capiscono o che noi non le capiamo ed è normale? E cosa risolviamo così?

NULLA.  Non risolviamo NULLA.

Perché non siamo qui a cercare soluzioni per le nostre relazioni sgangherate, per quelle casomai c’è la stanza del nostro terapeuta, che comunque la soluzione non ce la dice, che ce la dobbiamo trovare noi: DA SOLE.

Pure dal terapeuta a volte ci sentiamo sole.

Anche tra quelle quattro mura che dovrebbero ripararci a volte non ci sentiamo capite, ma solo perché siamo ancora nella fase delle domande senza risposte, che altro che non sono che domande da cambiare.

Vuoi sentirti capita: metti in campo nuove prospettive

Di questo abbiamo bisogno, di nuove prospettive.

Allora sono qui per questo, terapeuta fuori dalla sua stanza, freelance di emozioni.

Sapete cosa vi dico? Che quando non ci sentiamo capite stiamo male.

Fa male, FA ARRABBIARE.

Il non sentirci capite fa malissimo: un rumore assordante nel deserto. E noi lì, piccole e rannicchiate.

Possiamo esserlo.

Possiamo essere TREMENDAMENTE ARRABBIATE.

Dobbiamo esserlo.

Quante volte ci è capitata quell’amica, quella madre, quella sorella che non capisce, non capisce la nostra stanchezza, la nostra euforia, il nostro voler stare sole, il nostro voler stare in mezzo alla gente, tutto e il contrario di tutto.

Quante volte queste anime si sono avvicinate a noi con mille soluzioni, concrete, pratiche e performanti che nemmeno l’amministratore delegato della Apple avrebbe fatto di meglio.

E noi volevamo solo ridere, o piangere; volevamo solo tremare in un angolo, volevamo solo saltare di gioia o nasconderci.

LORO performanti, adeguate e perfette.

NOI sgangherate e con in testa tante emozioni e in pancia tanti pensieri, che ad un certo punto si capovolge tutto.

CAPITA di non venire CAPITA.

Sentirsi soli fa arrabbiare, e abbiamo ragione

Fa ARRABBIARE.

Ci fa sentire quel vuoto che inghiotte: OGGI MI SENTO SOLA.

Sola contro le soluzioni del mondo.

Allora vi dico: abbiamo ragione ad arrabbiarci con tutta la forza del mondo.

È il senso adattivo della rabbia: difenderci da quello che percepiamo come un torto.

E se tu non mi capisci, io posso essere ARRABBIATA.

Poi le soluzioni le troviamo.

Ma se non capisci la mia emozione, io posso ARRABBIARMI.

Vi dirò di più, così facendo possiamo imparare anche a tenere in mano meglio la rabbia degli altri.

Dei nostri figli, dei nostri compagni, dei nostri amici, dei nostri genitori.

Tenere la rabbia in mano?

SI.

La nostra.

SI.

Quella degli altri.

Guardarla, sentirla, annusarla, accarezzarla.

Non è un nemico. 

Ci serve.

La rabbia ci serve a rielaborare e a trovare soluzioni.

Guardarla, per trovare l’immagine stampata nella nostra mente che la identifica; sentirla, per ASCOLTARE le sue parole che rappresentano il nostro pensiero; annusarla, perché lo facciamo istintivamente, e l’istinto ci serve per sopravvivere,la rabbia ha il profumo del CAMBIAMENTO. 

E io il cambiamento lo voglio sentire.

Con tutta me stessa.

Accarezzarla, perché così si fa con gli affetti, la rabbia la voglio tenere stretta, la voglio coccolare, perché mi aiuta ed è il mio termometro del  cambiamento.

E io il cambiamento lo voglio vedere da lontano quando arriva, per prepararmi.

Anche se è un piccolo cambiamento microscopico o passeggero o superficiale.

Che sia un vestito, un taglio di capelli, un nuovo lavoro, una nuova amicizia o un nuovo amore.

O solo una nuova giornata, vissuta diversamente, che crea nella memoria un buon ricordo.

Il ricordo di me stessa che mi sono CAPITA.

Il ricordo di me stessa che anche gli altri li ho capiti un po’.

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