Sull’essere una pessima madre potrei scriverci un libro.
Non perché credo di esserlo, ma perché spesso mi ci sono sentita.
Sono diventata mamma di due gemelli nell’ingenuità più totale, impreparata alla stanchezza, al senso di inadeguatezza e ai cambiamenti del mio corpo.
Impreparata alla mancanza di sonno, alle ragadi al seno, alla bruttezza delle smagliature e alla dannata solitudine.
I miei gemelli sono nati con parto naturale, l’uno con mezz’ora di distacco dall’altro.
Mattia è stato il primo a venire al mondo, e nel momento stesso in cui me lo hanno appoggiato sul petto, ho capito che da lì non sarei mai tornata indietro e ho avuto DAVVERO TANTA PAURA.
Il parto è stato forte e meraviglioso, ne ho un ricordo davvero molto bello. Non ricordo il dolore, ricordo solo la potenza del mio corpo.
Dalla bolla della gravidanza alla dura e cruda realtà
Nell’esatto momento del parto ho realizzato che la gravidanza è una bolla perfetta carica di sogni e aspettative, e con il primo vagito di tuo figlio quella bolla esplode per riportarti alla realtà.
Non ero più io a dipendere da me stessa, ero mamma, e avevo ben due esserini minuscoli e affamati che pretendevano il mio latte, la mia energia, il mio amore incondizionato.
Eh no, non ero preparata a quel vortice di emozioni, ed è stato lì che ho capito che non importa quante persone hai attorno che ti danno una mano, nel momento stesso in cui metti al mondo un figlio, sei tu la sola responsabile di quella vita.
Si, direte voi, i figli si fanno in due, ma io sono convinta che diventare madre è un discorso a parte: non so cosa può significare diventare padre, ma so cosa vuol dire essere madre in questa società che dalle donne pretende moltissimo e crea falsi miti.
Ci sono cascata a piedi pari in questo tranello della wonder woman che riesce a fare tutto, che ha tutto sotto controllo e che non dorme, non mangia, non si lamenta, perché quei figli li ha voluti e quindi adesso deve accettare tutto ciò che la maternità comporta. Sono stata multitasking a lungo, poi ho iniziato a delegare.
Ho letto libri su libri per preparami al fantastico mondo della madre perfetta: avrei fatto così, così e colà.
Ho ancora il libro di Tracy Hogg, Il linguaggio segreto dei neonati, con delle pagine evidenziate.
E poi mi sono buttata su “I cuccioli non dormono da soli”, come anche su “Besame mucho”: a proposito, quest’ultimo l’ho proprio adorato!
Credevo che sarei riuscita a gestire i miei figli proprio come si gestiscono le altre più o meno semplici cose della vita, non avevo tenuto conto delle emozioni.
Pessima madre MODE ON: colpevole di voler scappare

Mi sono sentita una pessima madre per ogni volta che avrei voluto scappare dai loro pianti inconsolabili e dalle loro richieste impossibili.
Mi sono sentita una pessima madre ogni volta che di notte si svegliavano, per più di un anno ogni 40 minuti circa.
Ho invidiato mio marito che andava a dormire nella camera accanto perché lui poi doveva andare a lavorare e io, in fondo, me ne stavo a casa: già, a casa.
Perché le donne che crescono figli a casa non fanno niente, infondo.
E non era mio marito a dirmi queste cose, ero io che me le raccontavo, perché da qualche parte devo averle respirate queste verità retrograde.
Poi ci hanno pensato le altre mamme, quelle brave, a farmi sentire inadeguata: quali? Quelle che lavorano! Quelle che: “Beata te che sei a casa”.
Non potevo lamentarmi se non avevo un lavoro come capro espiatorio.
Ecco che poi è giunto il momento PESSIMA MADRE LEVEL PRO: mi sono sentita in colpa di aver desiderato un lavoro per staccare dai miei figli.
Adesso lo dico e lo scrivo sorridendo, ma credetemi che c’è voluto molto tempo per ammetterlo a voce alta!
Normalizzare il senso di inadeguatezza: l’ironia che salva la pessima madre che c’è in noi
Mi guardo indietro, e vedo quanta strada ho fatto come madre, come donna e come essere umano.
Nel frattempo è arrivato il mio terzo figlio, Lorenzo, e con lui è stato tutto molto più semplice nonostante il suo carattere non proprio domabile. Lorenzo ha portato morbidezza e sicurezza, è stata la mia seconda occasione di vivere la maternità sotto un’altra ottica.
Con il senno di poi, sono grata alla vita di avermi permesso di starmene a casa “a non fare niente” con i miei figli. Per fortuna la mia forte ironia mi ha salvata.
Veder crescere un figlio è qualcosa che appaga su tutti i fronti, ma non solo: nel mio caso mi ha messo in contatto con le mie mancanze e frustrazioni, e ancora una volta lo ribadisco, con la solitudine dell’essere.
Ad un certo punto una persona mi ha detto: “Federì, sai qual’è la verità? Che tu hai passato gli ultimi anni della tua vita ad investire sulla tua famiglia, e ti sei dimenticata d’investire su te stessa!”
Io lo sapevo che era così, ma quando sono altre persone a metterti davanti al fatto compiuto è tutto diverso. Certe cose, quando te le senti dire, non sono più solo idee nella tua testa, ma diventano conferme e poi verità.
Verità pesantissime, del tipo: “E adesso come ne esco”?
Quella volta che in piena pandemia mi sono arresa alla tecnologia
Arriva la pandemia e mi ritrovo a casa con tutti tre.
Lorenzo poco più di 1 anno, Mattia e Tommaso 5 anni. Mio marito non un solo giorno a casa per via del lavoro.
Le giornate sono lunghe e infinite.
Al termine della pandemia gli regalo un tablet a testa, proprio io che fino a quel momento li avevo tenuti lontani da telefoni e videogiochi.
I tablet per me sono stati una resa: ebbene si, sono una pessima madre, fatevi sotto sensi di colpa! Meglio una madre che usa la tecnologia che una madre che usa farmaci per sostenersi psicologicamente, ho pensato!
Spero voi possiate cogliere l’ironia di tutto ciò, perché se c’è una cosa che ho capito dell’essere madre, è che è un processo in continua crescita, e che non dipende solo da te. I figli sono specchi, i figli sono maestri, sono compagni di vita, sono doni ma sono anche enormi responsabilità.
Voglio credere che ogni genitore fa del proprio meglio con i mezzi che ha
Con il tempo ho capito, e chissà quante altre cose dovrò ancora capire, che ogni genitore fa del proprio meglio con i mezzi che ha, tranne rari casi che generalmente non hanno mezzi, per l’appunto, probabilmente perché anche a loro sono mancati nel corso della loro vita.
Sono una mamma che da regole che sono poi facili da infrangere, facilmente corrompibili.
Sono una mamma condizionabile che non riesce a far piacere le verdure.
Mi lamento del disordine, e del fatto che nessuno mangi la stessa pietanza, delle urla, delle liti, dei lego in ogni dove, degli astucci aperti nello zaino, delle matite perse e di quelle mordicchiate.
Mi lamento dei risvegli notturni, dei buchi sui pantaloni e delle macchie d’olio sulle felpe, quelle che vanno via solo con il detersivo dei piatti per intenderci.
Esattamente come non esistono madri perfette, ho capito che non esistono nemmeno figli perfetti, ma esiste un modo perfetto per far si che tutto si incastri alla perfezione: ammettere che i figli sono un salto nel vuoto, e che come è successo a noi prima di diventare genitori, anche le nostre creature pagheranno il prezzo dei nostri errori.
Presa di coscienza: noi pessime madri possiamo concederci di sbagliare
Concediamoci di poter sbagliare, e mettiamo in atto ciò che insegniamo loro ogni giorno: chiedere scusa, chiedere permesso, ringraziare, amare, dare rispetto per poi pretenderlo.
Siate madri autentiche nel vostro essere, siate sincere con voi stesse e con i vostri bambini, insegnate loro quanto meravigliosamente fragili siamo noi essere umani, che ci distruggiamo con poco, ma che ci basta altrettanto poco per ricostruirci da zero.
Ogni volta che vi sentite delle pessime madri, non fatelo solo perché non reggete il paragone con quella bellissima mamma Influencer che ha la casa sempre in ordine o per la vicina di casa che non urla mai: ricordatevi che sono poche le persone che mostrano le proprie magagne, e ogni famiglia è un mondo diverso da altri, che non può vivere nel paragone o nel confronto.
Ho messo a confronto la mia dualità, la mia parte da aspirante madre perfetta e quella che mi fa sentire una cattiva madre: alla fine le due parti hanno trovato un accordo.
Nessuna dualità, bensì più fiducia al proprio istinto.
Più fede in me, e anche nei miei figli.
Che di consigli non richiesti ne è pieno il mondo, ma di persone che possono rispondere al tuo appello d’aiuto ce ne sono davvero poche!
Chissà quanti altri errori commetterò nelle vesti di genitore! Del resto non è ciò che diciamo ai più piccoli? Sbagliando s’impara, e aggiungo io … si cresce!